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“Nec sine marsis nec contra marsos triumphari posse” – “Non si può vincere [in guerra] né senza i Marsi né contro di essi” (Appiano di Alessandria)

 

L'aspetto di questa miniatura è la somma di tante piccole scelte, ponderate in base alla consultazione di numerose fonti storiche sulla storia dei Marsi.

I Marsi erano un antico popolo italico che abitava le sponde del lago del Fucino, il terzo per estensione prima che i romani lo prosciugassero nel 52 d.C, sotto l'imperatore Claudio. Quello rappresentato in questa miniatura è un guerriero Marso del 500 avanti Cristo, epoca in cui i Marsi non erano ancora entrati nell'orbita di Roma e conservavano una certa autonomia. I Marsi erano un popolo che si era specializzato nel mercenariato molto prima del 107 a.C., anno in cui Gaio Mario compie la storica riforma in cui nell'esercito di Roma non ci saranno più cittadini "prestati" all'esercito, ma soldati professionisti. Il mercenariato regolava ogni aspetto della vita sociale dei Marsi, che ben presto furono costretti a passare ad una società matriarcale, dove le donne gestivano quasi tutte le scelte della comunità, mentre gli uomini per lavoro erano lontani a combattere. 

 

ATTENZIONE: LA MINIATURA DEVE ESSERE ASSEMBLATA E DIPINTA!

Marsican Warrior busto in resina di guerriero marsicano

SKU: Marsowarrior
€ 50,00Prezzo
IVA inclusa |
Quantità
  • size bust: 1:10

    pcs: 10 resin pieces

    Concept Art: Luca Vergerio

    Sculptor: Nello Riveccio

    Box Art: Ernesto Reyes Stalhuth

    Historical supervision: Francesco Proia

     

    SHIPPING STARTS 1th March 2023

     

     

     

     

    shipments will take place on a weekly basis in the purchase order

     

  • Spada e Armille: La spada raffigurata nella miniatura è un classico esempio di spada italica, completa di fodero, con costolatura centrale e lunga intorno ai 60 cm, rinvenuta in molte necropoli del centro Italia e quindi anche in Abruzzo. Il manico è decorato e impreziosito con metalli nobili, come era usanza dei Marsi. Il legame che univa i guerrieri fucensi alle loro armi era a dir poco viscerale. Nelle loro tombe, rispetto a quelle di altri popoli, raramente veniva rinvenuto del cibo, che nell'antichità si pensava fosse utile al defunto durante il suo viaggio per l'aldilà. Nelle tombe dei Marsi era più facile trovare armi, da cui i figli di Marte a quanto pare non amavano separarsi nemmeno da morti. Da quello che sappiamo i guerrieri del Fucino avevano un comportamento parco, morigerato, sia nel vestire che nel cibo, ma quando si andava in battaglia alcuni storici ci raccontano che erano i primi a lucidare armi e armille, che ostentavano con sfarzo e fierezza, giacché quella loro ricchezza veniva proprio dalla loro attività principale: la guerra. Ovviamente è riconducibile anche al merceniariato la cospicua ostentazione d’oro e d’argento riportata sulla miniatura. Essendo soldati di professione e partecipando a numerose guerre, i Marsi compievano di certo importanti razzie sul campo di battaglia, a cui si aggiungevano i compensi con cui venivano pagati per i loro servigi al termine delle campagne belliche per cui erano stati assoldati. E rimanendo al fronte per lunghi mesi, se non anni, l’unico modo che avevano per portare con sé tutto quel denaro era di usarlo per acquistare armi e armature, oppure per decorarle con preziosi inserti d’oro e d’argento. Anche l'elmo è un classico esempio di tipo italico, realizzato in bronzo, in cui le parti sono state assemblate tra di loro con dei rivetti. La parte inferiore della calotta termina con una larga falda, mentre in cima era usanza esporre delle piume o dei pennacchi. Un discorso a parte va fatto per lo scudo, che come ci raccontano sia Varrone che Festo, erano chiamati Decumani. I Marsi usavano questi scudi più coprenti, che erano più grandi e lunghi ad esempio di quelli sannitici, che invece nella parte inferiore finivano acuminati. Varrone, parlando degli scudi inventati dai Marsi, denominati "Scuta Albensia" e creati ad Alba Fucens, ci racconta "Samnitibus scuta ad summum aequali festigio, in imo vero arctata, quae Decumana dicta sunt, quae Festus Albensia vocat: Albansium scuta dicebatur, quibus Albenses, qui sunt marsorum genere, usi sunt" (Varrone lib. VI, cap. 21) – Festo, oltre a raccontarci che la loro disciplina militare era insigne, ci dice anche che meritava di essere ricordata la loro "singolare foggia di scudi" da essi [i Marsi] posta in uso, i quali, dalla città di Alba, presero il nome di Albesi - "Albensia scuta dicebantur, quibus Albenses, qui sunt Marsi generis, usi sunt: haee eadem decumana vocabantur, quod essent amplissima, ut decumani fluctus" (Festo - De verb. signif. lib. I.). Il disegno presente sullo scudo è stato selezionato perché identificato come simbolo della Legio Martia I, una legione che riprende il nome della celebre Legio Martia, fondata da Giulio Cesare e determinante insieme alla Legio IV per la vittoria di Ottaviano su Marco Antonio. La Martia era formata quasi esclusivamente da legionari italici, molti dei quali provenienti dalle sponde intorno al lago del Fucino.

    Disco Corazza: Sul petto il guerriero marso porta un Kardiophylax, un disco corazza, parte essenziale di quell’armamento di difesa che i guerrieri italici usavano per proteggere le parti più esposte e vitali del corpo, come il petto o la schiena. Su quelli fucensi vi era rappresentata la chimera, un animale fantastico composto da leone, serpente e altri animali simbolici, che facevano sentire protetto il guerriero e nello stesso tempo avevano la funzione di incutere terrore nel nemico. Anche le donne marse usavano i Kardiophylax, ma quelli femminili erano più piccoli e venivano appesi alla vita, e avevano una funzione puramente ornamentale.

    Vesti: Per i vestiti del guerriero Marso la prevalenza è il colore bianco, che compare sia nella veste, sia nel mantello che porta sulle spalle. La scelta è caduta su questo colore perché i Marsi erano un antico popolo di guerrieri pastori, che avevano una grande tradizione nell’allevamento delle pecore. Sia Marco Terenzio Varrone (116- 27 a.C.) che Lucio Giunio Columella (4-70 d.C.), magnificano questa immagine dei Marsi, che sono sempre accompagnati dai loro cani bianchi da pastore, descritti come guardiani integerrimi delle greggi ed efficaci antagonisti del lupo e dell'orso. L’immagine del cane da pastore abruzzese ha attraversato indenne i secoli ed è arrivata fino ai giorni nostri, pertanto non sembra per niente strano che a quei tempi fosse proprio la lana il tessuto più comune e a buon mercato di cui gli antichi guerrieri Marsi potessero disporre, ottima anche contro il freddo, aspetto tutt’altro secondario quando si abitava sull’altipiano del Fucino, che parte da 700 metri sul livello del mare e tutt’intorno è circondato da una catena di montagne innevate che arrivano a sfiorare i 2.500 metri. Anche la barba, folta e lunga, probabilmente era di uso comune proprio per proteggersi dal freddo. L’allevamento delle pecore tornava utile anche per i finimenti, come le stringhe e i lacci di cuoio, che legavano il disco corazza sul petto e intorno alla vita del guerriero. Il volto del guerriero Marso è stato realizzato per esprimere ferocia e bellico ardore, caratteristiche distintive di quella “gens ferox”, diventate leggendarie grazie a un’infinità di frasi e aneddoti che molti storici del passato ci hanno tramandato. Flacco amava ricordare come Galli, Parti, Traci e Daci, “ancora nascondono nel cuore il terrore dei Marsi”. Polibio raccontava di come “Il guerriero della Dacia è preso dal terrore al cospetto del milite Marso”. Silio Italico riferiva che “furono i guerrieri Marsi, indomiti ed impavidi, a portare Roma a dominare il mondo”, mentre Tito Livio sosteneva che “Solo la lealtà dei Marsi a Roma consentì ad essa di sopravvivere”. Ma la frase più celebre e sicuramente più indicata per raccontare il carattere indomito dei Marsi è sicuramente quella di Appiano di Alessandria, che sosteneva “Nec sine marsis nec contra marsos triumphari posse” – “Non si può vincere [in guerra] né senza i Marsi né contro di essi”. I Marsi, secondo lo scrittore romano Publio Flavio Vegezio Renato, erano dietro solo a Spartani e Ateniesi tra i popoli che possedevano il “bellico ardore”. Nella sua opera “De re militari”, conosciuta in italiano come “L’arte della guerra”, Vegezio mette i Marsi al terzo posto, davanti ad altri popoli italici come Sanniti e Peligni, oltre che degli stessi Romani. Il cranio è stato realizzato più grande rispetto al resto del busto sulla base degli studi di Giustiniano Nicolucci, il celebre antropologo, etnologo e archeologo partenopeo, che fondò la scuola italiana di antropologia, che sottolineava sempre come "per la loro costituzione erculea e per la loro membratura atletica, [i Marsi] possono dirsi i patagoni d'Italia"Si potrebbe ipotizzare che questo ispessimento osseo sia riconducibile alla malaria, da sempre molto presente nell’alveo fucense, dove il livello delle acque del lago non era regolamentato da un emissario naturale. Nella miniatura è infine evidente una brutta ferita sul volto e la mancanza di un occhio, evento assai probabile per un veterano come quello della miniatura, reduce da chissà quante e quali battaglie affrontate. Non avere più un occhio non era certo un fattore invalidante per un soldato, al contrario dell’udito, che invece era indispensabile per ascoltare i comandi sul campo e per cui si poteva essere immediatamente riformati. (Fonti Storiche Francesco Proia)

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